CTI

Club Taurino Italiano

Arles 2023

 

12 aprile 2023

 

“In Arles, dove sono gli Alyscampi,

Quando rosseggia l’ombra, sotto le rose,

E sono chiari i tempi,

Ti guarda dalla dolcezza delle cose.”

(Paul-Jean Toulet, 1867-1920)

 

 

Ringraziamenti sentiti a tutti i soci del Club Taurino Italiano presenti durante questa feria di Arles 2023, per la loro amicizia, il loro calore umano, che hanno aggiunto ai festini gastronomici i cibi del cuore e dello spirito. E ringraziamenti a Giulia Bertotti, fotografa del CTI, che mi ha permesso di illustrare questo pezzo con alcune sue foto.

 

Sabato 8 aprile: Corrida – 6 tori di La Quinta per Sebastián Castella e Andrés Roca Rey.

 

Ed è tornato in Francia Sebastián Castella, con qualche vertebra a pezzi, in un circo romano riempito di pubblico, di afición, di Provenza come sempre festosa e dura nello stesso tempo, come il popolo di Provenza che per un momento, però, lasciò da parte la sua durezza, e si alzò: quale ovazione per Castella alla fine del paseillo! Assordente, unanime, come per dire: sei tornato, ti aspettavamo, e questa è la nostra verità. Ma come è difficile, in verità, il ritorno di Castella… Lui vuole proporre una nuova versione del suo toreo, e sembra che si stia perdendo a forza di voler essere un altro, un altro toreando come un altro, mentre il pubblico vuole ritrovare il Castella delle origini, quello che incendiava le antiche pietre. Belle le veroniche di “recibo” al primo toro, ed anche l’unico quite della tarde, suo, “por chicuelinas”, al terzo toro. Belli alcuni naturali. Bella la probità dell’uomo, bello il suo rigore, il suo modo di guardare in faccia il trionfo del Numero Uno, così come il suo proprio fallimento. Succederà qualcosa nella temporada di Castella? Trionferà in una plaza amabile, come Brihuega, per lanciare finalmente la sua stagione? Speriamolo. Così com’è attualmente, non immagino che possa ascoltare altro che il silenzio della Maestranza. Cosa succederà? Forse allora a Madrid, una nuova epica. E la gloria una volta ancora. O forse non finirà nemmeno la temporada, e si taglierà la coleta. Castella è integro: non permetterà a se stesso di fallire nell’impossibile tentativo di essere un altro.

 

Sebastián Castella, toro di La Quinta, Arles, 08.04.23 – foto Giulia Bertotti

 

Buono il lotto di La Quinta. Il sangue di Santa Coloma-Buendía: tori bravi, nobili come nei romanzi… ma che non permettono tutto. La “embestida”, amabile nei primi muletazos, richiede presto dall’uomo concentrazione e costanza, altrimenti verranno “enganchones” o “desarmes”.

Roca Rey. Vede il toro ovunque. Decide, sceglie, modula, da stratega polimorfo e flessibile si adatta al toro, al vento, al pubblico, alla presidenza, coll’unico scopo di trionfare sempre. Trionfare col toreo accessorio, la “noria” in tutte le sue versioni che riprese dai telefonini finiranno sui social, le “luquesinas” senza fine… Ma trionfare anche col toreo fondamentale, quello di peso, quello di sostanza. Trionfare, trionfare, trionfare sempre, con tutto, di tutto. Piaccia o no, Roca Rey è il Numero Uno. Il pubblico lo sa, che lo proclama icona e guida di una nuova generazione. Si copriranno il viso i rigorosi Sadducei, custodi autoproclamati d’un Tempio che non è loro, mentre saranno strappati e buttati nel ruedo i cuscini della Maestranza! E si sfonderà poi la Puerta Grande di Las Ventas con un ariete king size! E beati noi, testimoni del glorioso regno del Numero Uno: era ad Arles il Sabato di Gloria. Gloria quasi satanica quella del Re Roca. Avrà venduto l’anima al diavolo?

 

 Andrés Roca Rey, toro di La Quinta, Arles, 08.04.23 – foto Giulia Bertotti

 

Per Castella la pietra del sepolcro non si è ribaltata. Non ha venduto niente a nessuno, Castella. Aspetta. L’ora non è ancora venuta. Tace. Prima del trionfo del Numero Uno, se n’è andato a piedi. Il popolo di Provenza si è alzato, e l’ha applaudito.

 

Domenica 9 aprile, mattina: Novillada – 6 novillos di ganaderías francesi per Yon Lamothe, Lalo de María, Fabien Castellani.

E sono tornato al “Tambourin”, dopo non pochi anni. Si, prima della novillada sono tornato al “Tambourin”. Il bar degli aficionados, sulla stessa “Place du Forum”, una volta chiamata “Piazza degli Uomini”. Questa è Arles. E mi ricordo la signora del “Tambourin”, una volta, servendomi il pastis, che diceva: “ho paura oggi: torea mio figlio. Lo conoscete? Si fa chiamare “El Lobo”. Ha coraggio. Ma rischia troppo. Mi fa paura.” El Lobo, Charly Laloë, novillero di Arles. Matador de toros di Arles. Torero di Arles. Non ha fatto una grande carriera, ma si giocava quello che aveva. Oggi anche la madre di Lalo de María aveva paura, sicuramente. Rispettiamola. Rispettiamo suo figlio torero. Auguriamogli di trovare la via della sincerità, del toreo buono, verace, “ceñido”, dell’estetica giunta all’etica, della suerte “cargada” col peso del corpo sulla gamba d’uscita, auguriamogli di non ascoltare gli estatici “olés” dei suoi amici della “Tribune Centrale I” che vedendolo fingono di godersi la somma delle arti di Morante de la Puebla, Juan Ortega e Pablo Aguado, e forse di qualche altro ancora. Si, auguriamolo per lui, col rispetto dovuto a tutti i toreri, perché anche quello più “despegado”, più finto e vanamente arrogante, se non è attento, può subire una voltereta, così com’è successo oggi a Lalo de María.

Fabien Castellani toreava la sua prima novillada con picadores. Auguriamogli di non cercare il successo nella facilità, ma nell’esigenza. Così vincerà i suoi comprensibili timori. Yon Lamothe ha trionfato. È più saldo. Nel contesto ha fatto figura di Maestro.

Si chiamano Fernay, Cuillé, Blohorn, Pagès-Meilhan, Tardieu, Gallon, le ganaderías di Provenza, e i loro tori vogliono toreri bravi come lupi. Charly “El Lobo”, il lupo, adesso serve il pastis al “Tambourin”. Ha perso i capelli. Chi lo vede, pensa che sia uno qualsiasi. Ma chi gli stringe la mano, sa che stringe la mano d’un torero.

Ganadería Fernay, 07.04.23 – foto Giulia Bertotti

 

Domenica 9 aprile, pomeriggio: Corrida – 6 tori di Victoriano del Rio per Daniel Luque, Emilio de Justo, Juan Leal.

Lotto disparato di Victoriano del Rio: quattro anni, cinque anni, quasi sei anni, grandi, pesanti, o più piccoli ma di incerta mobilità come il sesto… Ma tutti interessanti. C’era molto da toreare nella plaza quasi piena. Grandissimo toro il quinto.

Luque fa meno “luquesinas” del Numero Uno – ed è insomma molto naturale, visto che non è il Numero Uno. Però attenti, attenti al Luque: può mordere forte, a Siviglia, a Madrid, ovunque mostrerà le sue zanne. E chi non ha visto ancora le immagini del suo trionfo dell’anno scorso a Dax, lo faccia: ci furono quel giorno almeno due delle faenas della temporada. Solo la spada oggi ha impedito che uscisse in trionfo.

 

Daniel Luque, toro di Victoriano del Rio, Arles, 09.04.23 – foto Giulia Bertotti

 

E lo stesso è successo a Emilio de Justo, che è stato all’altezza di quel magnifico quinto toro. Propone un toreo “templado” ed ortodosso, anche se possiamo immaginare che con lo stesso toro a Madrid, avrebbe toreato un poco più “encajado”. Ma l’ultima sua serie di derechazos sarebbe stata acclamata ovunque, così come i suoi “pechos” lunghi come treni merci nelle curve del Tehachapi Loop (da cercare su Wikipedia, ne vale la pena). Emilio de Justo, a Siviglia coi Victorinos, a Madrid quattro volte: è pronto. Può affermare di nuovo nelle più grandi piazze il grande canto del suo toreo. Può essere un nome forte della temporada.

 

Emilio de Justo, toro di Victoriano del Rio, Arles, 09.04.23 – foto Giulia Bertotti

 

 

Juan Leal ha deluso. Col suo coraggio ha meritato un trofeo del terzo. Col suo coraggio non è riuscito ad imporsi al sesto. Non si trattava di trionfare a tutti i costi – giacché non è il Numero Uno. Si trattava di risolvere i problemi del “genio” del toro, e della sua mobilità, per mostrarsi un torero capace di utilizzare insieme coraggio e testa, imponendosi nella difficile sfida. E questo non è successo. Juan Leal ha deluso.  

 

Lunedi 10 aprile, mattina: Corrida de Rejon.

Coll’intenzione di meditare sulle vanità del mondo e l’ineluttabilità della morte, sono andato a vedere gli Alyscampi - necropoli romana e medievale che ispirò un poeta del sud. Pesante fu il mio fiasco: sono solo riuscito a pensare a cose d’un indegna futilità. E peggio: me ne rallegro.

 

Lunedì 10 aprile, pomeriggio: Corrida – 6 tori di Victorino Martín per José Garrido, Clemente, Adrien Salenc “Adriano”.

 

Quale appassionante corrida ci ha mandato Don Victorino Martín! Quando penso a chi settimanalmente lo sepellisce, lui, i suoi tori e la FTL, un dolce sorriso d’innocua ironia appare prima sul mio viso… e poi mi sbellico dalle risate. Ma insomma, parliamo di tori. Tori omogenei di peso, di età, di trapío, interessanti nei tre “tercios”, più nobili il quarto, quinto e sesto – senza però regalare le loro bontà – più aspri i tre primi. Grande corrida, di lusso. Onore al ganadero, onore all’empresa. Avrà tori migliori Don Victorino Martín per Siviglia e Madrid? Ma allora quali tori saranno?

José Garrido mi è sembrato al di sotto delle possibilità del suo lotto. È però un torero con un fondo di personalità e di tecnica che potrà un giorno riemergere. Non lo vedo attualmente in un momento buono.

Clemente, torero francese biondo e di carattere artista, è ancora giovane. L’inizio della sua carriera sembrava piuttosto irrilevante. E poi… Poi dall’anno scorso è cresciuto un “run-run”: “Clemente trionfa in una piccola arena”, “Clemente trionfa in un’altra piccola arena”, e in un’altra, e un’altra ancora… E in questo inizio di temporada, di nuovo, e circolano foto del suo toreo estetico e profondo. Allora? Allora una corrida di Victorino, in una grande piazza finalmente, per continuare ad esistere. Giocarsi la vita, come dice Castella. Ed il biondo si mette davanti, e torea, dando vantaggi al toro: ed escono i naturales, di quelli buoni, malgrado alcuni enganchones… ed altri ancora migliori. Al suo primo, un toro pericoloso col quale ha dato tutto, perde il trionfo colla spada. Al suo secondo, però, toro apparentemente meno difficile, con costanza ripropone il suo toreo di classe. È dura però la prova del toro che ripete la “embestida” con bravura. C’è qualità nella faena, ma anche alcune scorie. Intelligente, Clemente finisce colla mano sinistra, “de frente”, “de uno en uno”: qualcuno grida “así se torea”, ed è fatta! La spada questa volta è precisa, e viene il trionfo d’un torero da seguire.

 

Clemente, natural de frente, toro di Victorino Martín, Arles, 10.04.23 – foto Giulia Bertotti

 

Adrien Salenc ha dato al pubblico una grande gioia, con una faena “a más, a mucho más”, all’ultimo toro della feria. Quando finisce la grande festa del Toro, quasi sempre viene la nostalgia, e presto la tristezza. Ma in quel lunedì di Pasqua vedemmo un torero che, colla testa, col cuore, costruiva il suo trionfo. Con ordine e passione uniti insieme al servizio dell’animale mitologico che, sentendosi rispettato, ha offerto finalmente tutta la nobiltà del suo sangue. E per una volta scapparono nostalgia e tristezza, tanto ci dava fiducia nel futuro quel toreo sincero, pensato bene, detto e condiviso con tal fervore, che infondeva in tutti i presenti una formidabile energia di vita. Bravo Adriano!

 

Adrien Salenc “Adriano”, toro di Victorino Martín, Arles, 10.04.23 – foto Giulia Bertotti

 

Ed è finita la Feria di Arles di quest’anno 2023, non lasciandomi da proporre che critiche tutte da relativizzare - ve ne prego - ed alcuni pronostici incerti quanto i miei ricordi. Ciascuno dei numerosi spettatori di questa feria, avrà visto la “sua” feria. Ciascuno ne farebbe un racconto diverso. Quello che è stata veramente è scomparso, attimo dopo attimo, senza che ci fosse possibile trattenerne l’essenza. E dunque ormai immaginiamola, questa feria passata, facendola ogni volta diversa. Tale è la nostra condizione, tale è il nostro privilegio. 

 

 

Esteban de la Cruz

 

 
 
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