Messico e tori
14 dicembre 2018
Il mio primo approccio alla corrida è stato "alla grande".
Luogo: la Monumental di Citta del Messico, in un noioso pomeriggio di agosto
L'asiento: alla barrera de sombra, perchè l'autista che ci aveva accompagnati si era offerto di aiutarci ad acquistare i biglietti e non aveva badato a spese (del resto non pagava lui.)
Essendo arrivati con grande anticipo gironzolavo un po' tra bancarelle che vendevano bevande, golosinas, pubblicazioni e numeri arretrati di riviste taurine sulle quali ricorreva il nome Silveti. In mezzo a loro un lustrascarpe stava lucidando alcune zapatillas da torero.
Mentre lo fotografavo sono stata avvicinata da tale Pepe Silva, un signore mayor, editore e direttore di una rivista taurina, il quale , intuendo che ero una turista, mi spiegò come guardare una corrida. Non le regole , quelle no, mi parlò di arte, estetica, passi legati, tempo. Io, perplessa, non riuscivo a capire cosa tutto questo avesse a che vedere con un affare da mattatoio.
Perchè spiegare la corrida a chi non l'ha mai vista è come spiegare cos'è la musica a un sordo.
Perchè per capire che un essere umano ama il toro e lo rispetta a tal punto di rischiare la propria vita per esaltarlo e attribuirgli la gloria che gli spetta attraverso il rito della morte bisogna aprire la propria mente e spaziare in altre epoche e in altre culture dove la vita, e la morte, hanno un altro valore e un altro significato
Per me la corrida è un paradosso, un rito dove tutto e il suo contrario convivono, completandosi fino a raggiungere la perfezione.
E' un senso di pienezza che sento ogni volta che mi siedo in un'arena e che mi manca all'uscita, da quel lontano 1° agosto, quando uscii dalla Monumetal di Città del Messico con in mano la rivista ToreArte n. 8 del Verano 1993 , director Pepe Silva, 25 anni fa.
Yo