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Club Taurino Italiano

Nel nome di Paula (e del duende)

 

21 novembre 2023

 

Negli scorsi giorni gli aficionados del Club Taurino Italiano hanno avuto l’opportunità di incontrare Jesus Soto de Paula, figlio del geniale torero Rafael de Paula.

Un torero che definire artista è riduttivo, tant’è che lui stesso preferisce definirsi “torero de Arte”. Paula è stato (ed è coi suoi 83 anni) l’emblema del torero geniale, creativo, rivoluzionario, nonchè coraggioso anche nello sfidare le sue gravi limitazioni fisiche.

Un gitano nato in un quartiere umile di Jerez della Frontera e che sul quale aveva messo gli occhi nientemeno che Juan Belmonte, suo mentore per un decennio. Paula prese l’alternativa a Ronda nel 1960 da Julio Aparicio e Antonio Ordoñez.

Ma fu proprio quest’ultimo a causare il suo ostracismo dalle arene. Un vero e proprio “veto”, come abbiamo potuto apprendere. Questa situazione durò per una dozzina di anni in cui Paula toreava solo in poche piazze: le sue Jerez, El Puerto, Sanlucar dove il pubblico lo conosceva e reclamava. Due o tre corride all’anno, a volte nessuna. Anni di difficoltà, soprattutto economiche, anni “de fatiga y pena”. Ma nonostante tutto riusciva a mantenere viva l’illusione, continuava ad allenarsi quotidianamente a sognare el toreo. I gitani credono profondamente nel destino divino e forse grazie a questo Paula non ha mai dubitato che un giorno sarebbe riuscito a realizzarsi come torero.

 

 

 

Ma gli anni passavano e nulla cambiava… Da Madrid ogni tanto arrivavano delle offerte per toreare in qualche cartel de verano, ma solo con corride che non erano del suo “corte” e che venivano gentilmente declinate. Infatti diceva il Paula che per lanciarsi coi leoni ci sarebbe sempre stato tempo.

Fu nel maggio 1974 quando gli venne offerto di “confirmar la alternativa” a Madrid in una corrida di Osborne, la sua prima corrida a Las Ventas con ben 34 anni, età a cui all’epoca i toreri si ritiravano. Quel giorno, un gitano vestito di “azul pavo y oro” sorprese tutti con un memorabile “quite” alla veronica celestiale che fu di tale bellezza al punto ché si iniziò a parlare incessantemente di Rafael de Paula: Madrid aveva visto qualcosa di speciale. Aveva intuito.

 

 

Fu qualche mese dopo che Madrid capì. Il 5 ottobre 1974 nella piazza di Carabanchel (oggi Vistalegre), il giorno della despedida di Antonio Bienvenida, Paula bordò il toreo con la grande faena al toro Barbudo. Le cronache di quel giorno parlano di veroniche sublimi, pases por altos e trincherillas con enorme toreria, naturales rematados muy atras ed emozionanti il tutto traboccante di duende. Viene premiato con i massimi trofei nonostante due pinchazos. Ma il pubblico era in estasi. Gli scrittori compongono poemi e trattati ispirati da quella tarde magica. I pittori ancora oggi dipingono quadri ricordando quella straordinaria faena. Era nato il mito di Paula. José Bergamin da quel giorno cambiò radicalmente la sua visione della Fiesta, passando da gallista a belmontista, ed arrivando a scrivere il magistrale libro “La musica callada del toreo”.

Situazioni di questo tipo le ha vissute come testimone privilegiato il nostro ospite Jesus Soto de Paula, gitano di Jerez figlio d’Arte e figlio di una visione di concepire il toreo che viene da lontano.

Tanti sono i figli di toreri, pochissimi quelli che sono riusciti ad emulare le orme paterne, quasi nessuno a superarle. Jesùs non è tra questi. Ma ha la sensibilità di un torero, lo sguardo di un torero, l’istinto di un torero. E vive en torero.

 

 

Infatti Jesus non si è mai accontentato di tutto quanto ha già vissuto in famiglia (e non solo col padre torero, ma col nonno, banderillero o il prozio, banderillero di Manolete). Né di quello che ha vissuto con altri toreri, gitani, artisti o gente del flamenco (e quel che ha vissuto è un privilegio visto che si è circondato dei più grandi in tutti questi campi degli ultimi 40 anni).

Jesus ha avuto e coltivato il dono della curiosità per tutto ciò che è Arte, dedicandosi allo studio della musica, della letteratura, della poesia, della filosofia, della storia della tauromachia, diventando un raffinato conoscitore di arti diverse. Grazie a questo oggi Jesus Soto de Paula è autore di sei libri dedicati alla corrida ("De negro y azabache", "Torerias y Diabluras", "Galleando y Belmonteando" tra gli altri) noché collaboratore assiduo del prestigioso quotidiano ABC.

Ma la cosa più importante è che si può considerare Jesus Soto come il privilegiato custode di una saggezza antica, impermeata di toreria, ma anche di gitaneria e flamenco e che proviene da quella “terra” tanto amata ed invocata da Federico Garcia Lorca.

Anche Jesus, come Lorca, ha vissuto e conosciuto le segrete dimore del duende di cui già Goethe diceva essere un “misterioso spirito che tutti possono conoscere, ma che nessun filosofo può spiegare” e che Jesus dice che si può riconoscere così: “todo lo que tiene sonidos negros, tiene duende”, come disse uno storico cantaor flamenco un secolo fa.

 

 

 

A proposito, è utile ricordare quanto diceva Diceva Federico Garcia Lorca nella sua magistrale conferenza “Teoria y Juego del Duende” del 1933, che il duende non ha niente a che vedere con l’ispirazione lirica (assimilabile alla “musa” ispiratrice) né alla ispirazione “divina” (associabile all’ispirazione “angelica”) tutte legate a fattori esogeni.

Diceva un chitarrista flamenco che “non esce dalla gola, ma sale da dentro, dalla pianta dei piedi”. Non a caso i piedi sono la parte del corpo più a contatto con la terra, come nel toreo, come nel baile flamenco. E per Lorca il duende è “lo spirito della terra” e lì si nasconde.

La colpa è della terra. Ma non ogni terra è uguale. Infatti Lorca diceva che anche se in tutti i paesi si può trovare il duende, in Germania prevale l’ispirazione della musa ed in Italia quella dell’Angelo. Invece “la Spagna è da sempre mossa dal duende, come paese di musica e danze millenarie, dove il duende spreme limoni all’alba, e come paese di morte, come paese aperto alla morte. In tutti i paesi la morte è un fine. Giunge e si chiudono le tende. In Spagna, no. In Spagna si aprono. Lì la gente vive tra mura fino al giorno in cui muore e poi viene portata fuori al sole. Un morto in Spagna è più vivo come morto che in qualsiasi altro posto al mondo.”

 

 

Secondo il gran Federico Garcia Lorca, tutte le arti sono capaci di duende (soprattutto la musica, la danza e la poesia, se recitata), ma è “nella corrida che il duende raggiunge i suoi accenti più forti, perché deve lottare da un lato con la morte dall’altro con le geometrie”. Quel torero che viene posseduto dal duende “fa dimenticare che scaglia costantemente il cuore sopra le corna”, e non si sentono altre musiche se non quella del duende, che avvolge il pubblico facendolo entrare in un’altra dimensione, in cui il tempo si ferma e il torero entra in un trance che lo sconvolge.

Di questo Jesus Soto de Paula è stato testimone in innumerevoli ed indimenticabili corride vissute (e rivissute) al fianco del padre, il grande Rafael de Paula. Il ricordo di quei momenti è così vivo in Jesus che ancora oggi i soci del Club Taurino Italiano hanno potuto percepirlo ed emozionarsi ad anni e chilometri di distanza perchè nessuna frontiera nè spazio può fermare l'eternità dell'Arte e del duende del toreo

 

El Conde de Moncalvo

 

 

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