Quando un torero se ne va
10 settembre 2018
In una soleggiata mattina di fine estate Juan Bautista ha colto tutti di sorpresa annunciando il suo ritiro come torero. A Zaragoza affronterà l’ultimo toro della stagione e nel settembre 2019 si vestirà per l’ultima volta da torero nella Goyesca di Arles in occasione dei suoi 20 anni di alternativa. Appena il torero finì di comunicare la notizia, stupore ed emozione si son diffuse tra gli aficionados che riempivano i giardini dell’hotel Julio Caesar.
Il modo con cui Bautista annuncia il suo ritiro ben descrive lo stile della sua persona. Nessun annuncio roboante durante la stagione per attirare facili contratti. Nessuna speculazione nelle piazze dove ha toreato ormai per l’ultima volta. Solo prima della penultima sua goyesca di Arles ha svelato il pesante segreto che si portava dentro da un po’ di tempo. Da quando cioè lo scorso marzo mori suo padre, dopo una lunga malattia, tanto inguaribile quanto inattesa.
Jean Baptiste Jalabert toreando nella casa di famiglia
Luc Jalabert fumava in continuazione l’ultima (ed unica) volta che lo conobbi in un viaggio in Camargue nel marzo di un anno prima. Ma era pieno di vita e di speranza. Nonostante una pioggia fitta che qiuella mattina cadeva su Le Chassagne (ed un freddo pungente ed umido che si poteva solo dimenticare con un vin bruleé) era certo che quel pomeriggio suo figlio avrebbe fatto il tentadero che offriva ogni anno per la sua peña. Cosa che poi avvenne, passata la tempesta, per la felicità dei presenti e soprattutto sotto gli occhi raggianti del padre, ed ormai nonno, Jalabert.
Quella inattesa scomparsa, ha interrotto il magnifico momento, sia professionale che personale, che Juan Bautista stava vivendo tra il 2016 e 2017, raggiunto dopo una faticosa fase di rilancio nei pueblos più sperduti di Spagna. Ma quest’anno invece, a causa del lutto si notava che mancava qualcosa, che non era fluido come sempre, soprattutto dopo i primi mesi. Si percepiva che non era del tutto presente con il cuore e la mente. Non c’è però da stupirsi però perché questo succede ed è successo a tutti i toreri, dato che la gran difficoltà (e la grandezza) del toreo è che “se torea como se es…y como se està”.
Juan Bautista, Castellon 2018
Nello spiegare il suo ritiro, Bautista ha detto che “A causa dell’improvvisa morte di mio padre, ora la mia testa non può più essere concentrata al 100% sulla mia professione .Mio padre mi ha insegnato che bisogna sempre essere concentrati sul toro ed ora non lo sono più come prima”. Solo un grande uomo può prendere una decisione così sincera e autentica. Senza ingannare sé stesso, né il pubblico. Senza cercare la scorciatoia comoda. E nulla è più difficile che smettere di essere quello che hai sempre sognato di essere e per cui hai lottato sin dall’infanzia.
Improvvisamente ci lascia un grandissimo torero che non credo sia stato sufficientemente valorizzato, specie in Spagna. Ma il tempo metterà ogni cosa al suo posto. E fra non molto capiremo come Jean-Baptiste Jalabert sia il torero più importante che abbia avuto la Francia ed uno dei più importanti del nostro tempo. Non solo per risultati e trionfi. Ma perché torero capace di affrontare ogni tipo di toro ed encaste, per creare quel tipo di toreo a cui sempre è stato fedele. Bautista è torero che si ispira alla scuola classica (quella vera, che si basa sulla ligazòn, il temple, la verticalità, la “naturalidad”) aggiungendoci personalità e fantasia. Ed è un torero che anticamente si definiva “largo”: capotero fantasioso, con brega da lidiador puro, banderillero raffinato da gran conoscitore dei terreni, muletero “poderoso” e vario. Grandioso matador, forse il migliore attualmente, specie “recibiendo”.
Juan Bautista, Mont de Marsan 2017
Un torero che ha affrontato tori di tutti i tipi, dai Cuvillo ai La Quinta, dai Juanpedro ai Victorino, dai Carcigrande ai Miura, senza dimenticare i Pedraza, Rehuelga, o gli Adolfo. Autore di faenas che passeranno alla storia come quella a un toro del Puerto de San Lorenzo a Madrid nel 2007, quella del rabo ad un Zalduendo nella goyesca di Arles nel 2016, quella con un toro di La Quinta a Mont de Marsan nel 2017 (forse la faena della sua vita, a cui cortò il primo rabo concesso in quella piazza) o il faenòn di Logroño ad un gran victorino lo scorso settembre, senza dimenticare il solitario di quest’anno a Dax dove ad agosto ha affrontato magistralmente 6 tori di ganaderias ed encastes diversi.
Come si può vedere, Juan Bautista fino a un anno fa era in un momento felice, probabilmente il migliore della sua carriera. Finchè l’improvvisa scomparsa del padre gli cambiò la vita fino a fargli lasciare tutto.
Quando invitammo Juan Bautista al Club Taurino Italiano tre anni fa a Torino, ci raccontò come il suo rapporto con il toreo non fosse stato sempre lineare. Dopo i primi anni felici ed una alternativa forse precoce nel 1999, cominciava a sentire che qualcosa non funzionava in lui, che il suo toreo era diventato meccanico e senza la passione necessaria. Nel 2002 decise di lasciare la professione, perché non aveva più quella “fiamma” dentro e non sapeva se mai si sarebbe vestito nuovamente da torero.
Juan Bautista con alcuni soci del Club Taurino Italiano dopo un tentadero da Yonnet
Ma due anni dopo, nel 2004, in occasione del Festival che organizzava per gli alluvionati di quell’anno ad Arles ebbe l’idea di chiedere al Maestro Manzanares (all’epoca ritirato) di tornare a toreare per un giorno. Il Maestro gli disse “Io torno per un giorno, se anche tu torni e vieni a prepararti con me”. Un episodio che gli cambiò la vita e che gli diede l’opportunità di maturare come torero in una scuola del classicismo torero personificato.
Gran estocada a Colmenar Viejo, 2016
Non so se ora la sua ritirata sia definitiva, perché la storia del toreo è costellata di ritiri e ritorni. Ma conoscendo personalmente Juan, so che la sua parola vale oro. Forse occasionalmente potrebbe toreare alcune goyescas di Arles, così come a Ronda faceva una volta ritirato il Maestro Ordoñez (uno dei più grandi di sempre).
Juan Bautista con i soci del Club Taurino Italiano a Torino
Ma quando un torero se ne va, è impossibile non farsi prendere dalla nostalgia e dalla gratituduine. E da quel senso di impotenza difronte al tempo che scorre e alla vita che cresce.
Il vuoto che lascia Juan Bautista è grande, soprattutto ora che abbiamo visto fin dove può arrivare come torero. Ma saremo grati a Juan per le emozioni che ci ha regalato, per il suo coraggio e semplicemente per “esserci stato”. Il ricordo di chi ha goduto dell’emozione della sua arte, durerà per sempre.
E chi nel Club Taurino Italiano ha avuto modo di conoscerlo personalmente sa che Juan è tanto grande come torero che come uomo: un amico a cui ci legherà sempre con affetto, ammirazione e riconoscenza.
El Conde de Moncalvo
Bautista in trionfo ad Arles, 8 settembre 2018